21 febbraio 2010

Quando si dice investire sul futuro...

Mentre in Italia sottraiamo (a causa della crisi, dicono loro) denaro pubblico ai programmi per garantire un'accesso ad internet decente per tutti, negli Stati Uniti invece, per combatterla, la crisi, si decide di spendere dei soldi per collegare chi non è collegato e migliorare la velocità di chi lo è già, partendo dagli enti pubblici: edifici scolastici, studi medici e strutture ospedaliere, etc.

Non è un'idea stupida: pensate a quante cose si potrebbero fare se, prima di tutto le istituzioni, e poi, i cittadini (ad oggi ancora il 12% degli italiani non può avere una connessione a banda larga) fossero in rete. Rilascio di certificati, pagamenti, un sacco di cose che ci fanno perdere tempo e denaro e che potrebbero essere fatte comodamente da casa o dal posto di lavoro.

Il digital-divide è un problema che con l'esplosione di internet e dei servizi che si possono trovare online sta diventando ogni giorno più difficile da affrontare. Di fatto, chi abita fuori dai grossi centri urbani, dove per gli operatori è conveniente investire in apparecchiature per la banda larga, è tagliato fuori. Collegare questo tipo di utenti è spesso un costo che aziende che operano sul mercato (siamo davvero in un'economia di mercato? facciamo finta di si per il momento...) non possono permettersi, anche perché spesso sono indebitate fino al collo (ma su Telecom sarà il caso di scrivere un'altro post, mi sa) e si rende quindi necessario l'intervento dello Stato.

Purtroppo però, mentre si cerca di risolvere questo problema, già un altro si profila all'orizzonte: l'ampliamento delle reti attuali. Oggi, la velocità massima per chi è collegato ad internet mediante ADSL è dell'ordine dei 10-20 Megabit/s (in download, ovviamente, dato che per l'upload raramente si arriva ad 1 Megabit/s). Con velocità di punta che si registrano solo per i particolarmente fortunati che abitano a meno di 3-5 km dalle centrali di aggregazione delle utenze. Decine di Megabit che stanno iniziando a diventare scarsi per le applicazioni (una fra tutte, il video, soprattutto quello ad alta definizione) più avanzate che si diffondono in rete.

Il collo di bottiglia è rappresentato dalla cosiddetta rete di accesso, una delle due distinzioni in cui viene solitamente suddivisa la rete fisica di un operatore telefonico o provider internet: si tratta della miriade di fili perlopiù di rame che parte dalle centrali dislocate sul nostro territorio per raccogliere il traffico (telefonico e dati) degli utenti per raggiungere le nostre case. Mentre questa, appunto per la tecnologia ormai obsoleta del cavo in rame, permette velocità piuttosto limitate, negli ultimi 10-15 anni gli operatori hanno investito molto (anche in eccesso, installando capacità inutilizzata) sulla cosiddetta rete di trasporto, ossia la rete che ciascun operatore possiede per smistare il traffico, una volta che è stato aggregato, su tutto il territorio nazionale. Questa rete è solitamente composta da qualche decina di nodi (il più delle volte coincidenti coi principali capoluoghi del Paese), collegati da svariati collegamenti in fibra ottica, che vanno a costituire molto spesso un'enorme capacità installata, ma purtroppo raramente sfruttata appieno. Se quindi la seconda è una rete estremamente veloce e performante, purtroppo la prima, a causa della sua pervasiva e capillare diffusione, non lo è affatto, in quanto un suo rinnovamento richiede spese ingenti.

Da anni si discute perciò di effettuare questo inevitabilmente lento quanto necessario passaggio, è però, secondo la modesta opinione di chi scrive, quantomai necessario passare dalle parole ai fatti, perchè il treno della ripresa economica, passa anche da questo, e non possiamo assolutamente permetterci di perderlo.

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