15 febbraio 2010

Equo scompenso

Dday pubblica le prime foto di telefonini provvisti del bollino SIAE, conseguenza diretta dell'equo compenso, l'invenzione di fine anno del ministro per i beni e le attività culturali Sandro Bondi. Curioso, sembra quasi di acquistare un CD di Micheal Jackson o il DVD dell'ultimo concerto dei Queen!
Ma che cos'è l'equo compenso? In realtà niente di nuovo, dato che era già presente su tutti i supporti ottici vergini (cioè CD, DVD, CD-RW, ecc.) ormai da diversi anni. In pratica, per compensare autori ed editori dai minori introiti derivanti dalle cosiddette copie private, ossia le copie che chi compra un disco realizza per ascoltare ad esempio il suo cantante preferito in auto piuttosto che sullo stereo di casa, o per proteggere un film da eventuali graffi che potrebbero comprometterne definitivamente la visione, chi produce supporti masterizzabili deve versare alla SIAE una certa quota (che poi viene riversata su chi compra al dettaglio), a compensazione appunto di questi mancati guadagni. Questo, indipendentemente dal fatto che il disco venga effettivamente usato o meno per fare una copia.
Bene, il 30 dicembre scorso, il fine cantore di Vanity Fair, ha pensato bene (probabilmente dietro le pressioni di chissà chi...) di estendere questo prelievo anche a molte altre tipologie di prodotto, forse anche a causa del fatto che oramai il mercato dei dischi ottici è in inesorabile declino, in quanto le capacità sia dei dischi fissi che delle memorie a stato solido li stanno surclassando rapidamente.
Pensiamo per un attimo a tutte le foto o i filmati che facciamo assieme ai nostri amici o famigliari con il telefonino, alle chiavette USB su cui salviamo dati e documenti di lavoro o relativi al nostro studio, ai nuovi videoregistratori digitali che memorizzano su hard disk (quando qualcuno non ce lo impedisce) trasmissioni per le quali abbiamo già pagato o un canone o un abbonamento oltre ad esserci sorbiti la pubblicità di cui sono infarcite, i dischi fissi esterni che molte aziende (e pure privati cittadini) usano come soluzione economica per il backup dei loro dati o infine i computer (i computer! non i dischi che stanno dentro il computer!): tutti questi usi non sono copie private di opere coperte dal diritto d'autore. Eppure, ci paghiamo ugualmente sopra la tassa (ma non ditelo al ministro o alla SIAE, che sennò si offendono). Infine una domanda: ma allora, se è lecito farsi copie private di album e film, perché c'è un interesse così assiduo e forsennato a sviluppare nuovi codici e tecnologie di protezione dalla copia?

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